11 settembre 2011

L'Uomo è maggiormente confortato dai paradossi - G.K. Chesterton


Introduzione al Libro di Giobbe di G. K. Chesterton (tradotto da me in italiano)

Il libro di Giobbe é, nell’ambito degli Altri libri del Vecchio Testamento, sia un enigma filosofico che un enigma storico. Quello che ci riguarda per un’introduzione come questa é l’enigma filosofico; possiamo quindi occuparci prima brevemente di una generica avvertenza che deve essere affrontata relativamente all’aspetto storico.
A lungo é divampata la controversia su quali parti di questo racconto epico appartengano allo schema originale e quali invece siano interpolazioni di epoche considerevolmente successive. Gli studiosi sono in disaccordo tra loro, come é proprio del loro mestiere fare; in generale peró la tendenza dell’investigazione é sempre stata quella di ritenere che le parti interpolate, se ve ne sono, si limitino al prologo e all’epilogo ed eventualmente al discorso  del giovane uomo che presenta un’apologia al proprio termine. Non affermo assolutamente di essere competente per dirimere tali questioni. Ma a qualunque decisione giunga il lettore a loro riguardo, c’é, connessa ad esse, una verità generale da ricordare. Quando ci si trova davanti ad un’antica creazione artistica non si deve supporre che ci sia qualcosa contro di essa se si afferma che é cresciuta  gradualmente. Il Libro di Giobbe puó essere cresciuto gradualmente tanto quanto l’Abbazia di Westminster. Ma le persone che creavano l’antica poesia popolare, come quelle che costruivano l’Abbazia di Westminster,  non attribuivano un grande valore alla datazione effettiva né all’effettivo autore, quell’importanza che é in misura quasi esclusiva una creazione dell’insano individualismo dei tempi moderni. Possiamo mettere da parte il caso del libro di Giobbe in quanto complicato dal fattore religioso e prenderne un altro qualsiasi, diciamo quello dell’Iliade. Molte persone hanno mantenuto la formula caratteristica dello scetticismo moderno, che Omero non venne scritto da Omero, ma da un’altra persona con lo stesso nome. Allo stesso modo molti hanno sostenuto che Mosé non fosse Mosé ma un’altra persona di nome Mosé. Ma quello che occorre ricordare rispetto all’Iliade é che se qualcuno vi avesse di fatto aggiunto dei passaggi interpolati, la cosa non avrebbe prodotto lo shock creato da un simile procedimento nei nostri tempi individualistici. La creazione dell’epica tribale veniva concepita entro certi limiti come un lavoro tribale come la costruzione del tempio tribale. Si puó credere dunque, se lo si desidera, che il prologo di Giobbe, il suo epilogo e il discorso di Eliú siano passaggi inseriti nel testo dopo la composizione dell’opera originale. Ma non é altresí lecito supporre che tali inserzioni abbiano quell’ovvio carattere spurio che avrebbe una qualsiasi inserzione in un moderno libro individualistico. Non si possono trattare tali inserzioni come si farebbe con un capitolo nell’opera di George Meredith che si venisse poi a scoprire non essere scritto da George Meredith, o metà di una scena in Ibsen che si scoprisse esservi stata furbescamente infilata da Mr. William Archer. E’ necessario ricordare che l’antico mondo che produsse questi antichi poemi come l’Iliade o Giobbe, manteneva sempre la tradizione di ció che stava realizzando. Un uomo avrebbe quasi potuto lasciare un poema al proprio figlio per portarlo a termine come egli lo avrebbe portato a termine. Quella che viene chiamata unità Omerica può essere un fatto storico o non esserlo. L'Iliade potrebbe essere stata scritta da un solo uomo o forse da centinaia di uomini. Ma occorre ricordarsi che a quei tempi c'era più unità in un centinaio di uomini che quanta se ne trova oggi in un unico uomo. Allora una città era come un solo uomo. Oggi un uomo è come una città durante una guerra civile.

Senza perciò addentrarsi ulteriormente nelle questioni di unità dell'opera come concepite dagli studiosi, possiamo dire del loro enigma che il libro ha unità e coerenza nello stesso senso in cui tutte le grandi creazioni tradizionali le hanno; nello stesso senso in cui ha unità e coerenza la Cattedrale di Canterbury. La stessa cosa è ampiamente valida anche per quello che ho chiamato l'enigma filosofico. C'è un motivo reale per il quale il Libro di Giobbe si distingue dalla maggior parte degli altri libri inclusi nel canone dell'Antico Testamento. Ma anche in questo caso si sbagliano coloro che insistono in una sua completa assenza di unità.

Si sbagliano coloro che sostengono che l'Antico Testamento è semplicemente una raccolta di libri scollegati tra loro; senza nè coerenza nè obiettivi. Sia che il risultato sia stato ottenuto attraverso una qualche verità spirituale soprannaturale o da una salda tradizione nazionale o semplicemente da un'ingegnosa selezione effettuata in epoche successive, i libri dell'Antico Testamento hanno un'unità facilmente percepibile. Cercare di comprendere l'Antico Testamento senza realizzare questa idea di fondo sarebbe altrettanto assudo come studiare una delle opere teatrali di Shakespeare supponendo che l'autore non avesse alcun obiettivo filosofico nello scriverla. Sarebbe come se un uomo volesse leggere la storia di Amleto, Principe di Danimarca, continuando a pensare per tutto il tempo di stare leggendo in realtà la storia di un vecchio principe pirata Danese. Un tale lettore non riuscirebbe mai a capire l'intenzionalità del procrastinare di Amleto da parte del poeta. Direbbe semplicemente, "L'eroe di Shakespeare impiega moltissimo tempo per uccidere il proprio nemico". Così parlano anche i distruttori della Bibbia, che sfortunatamente al fondo sono anche suoi adoratori. Non comprendono il tono speciale dell'Antico Testamento; non comprendono la sua idea di fondo che è quella secondo la quale tutti gli uomini sono solamente strumenti di una potenza più grande.

Coloro che ad esempio si lamentano delle atrocità e dei tradimenti dei giudici e dei profeti di Israele hanno in realtà nelle loro teste una nozione che non ha nulla a che vedere con l'argomento. Sono troppo Cristiani. Cercano di leggere nelle scritture pre Cristiane l'idea puramente Cristiana dei santi, l'idea cioè che i principali strumenti di Dio siano uomini particolarmente buoni. Questa è un'idea più profonda, audace e interessante della vecchia idea Giudea. E' l'idea che l'innocenza porti con se qualche cosa di terribile che nel tempo crea e ricrea gli imperi e il mondo stesso. Ma l'idea che soggiace all'Antico Testamento è un'idea che possiamo definire di buon senso, secondo la quale la forza è la forza, l'astuzia è l'astuzia, il successo nel mondo è il successo nel mondo e Geova utilizza tutte queste cose per i Propri fini ultimi allo stesso modo in cui utilizza le forze naturali o gli elementi fisici. Egli utilizza la forza di un'eroe come utilizzerebbe quella di un Mammut senza alcun particolare rispetto per il Mammut. Non riesco a comprendere come sia possibile che così tanti scettici semplicioni abbiano letto delle storie come quelle della frode di Giacobbe e abbiano supposto che l'uomo che le ha raccontate (chiunque egli fosse) non si fosse reso conto che Giacobbe era un vigliacco altrettanto chiaramente di quanto ce ne rendiamo conto noi. Il senso umano primordiale dell'onore non ha la possibilità di cambiare così tanto. Ma questi scettici semplicioni sono, come la maggioranza degli scettici moderni, dei Cristiani.
Si immaginano che i patriarchi vadano intesi come dei modelli; si immaginano che Giacobbe venga raccontato come una specie di santo; e in questo caso non mi meraviglio affatto che si ritrovino un po' spaventati. Questa non è affatto l'atmosfera dell'Antico Testamento. Gli eroi dell'Antico Testamento non sono figli di Dio ma schiavi di Dio, schiavi giganti e terribili, come il geni, che erano gli schiavi di Aladino.

L'idea centrale di una gran parte dell'Antico Testamento potrebbe essere definita come quella della solitudine di Dio. Dio non è solamente il personaggio principale dell'Antico Testamento; Dio è propriamente l'unico personaggio dell'Antico Testamento. Paragonata alla chiarezza dei Suoi obiettivi tutte le altre volontà sono pesanti ed automatiche, come quelle degli animali; paragonati alla Sua realtà tutti i figli della carne sono come ombre. Questa sottolineatura viene ripetuta più e più volte, "Chi gli ha dato consiglio?" "Nel tino ho pigiato io da solo, del mio popolo nessuno era con me." Tutti i patriarchi ed i profeti sono semplicemente i Suoi strumenti o le Sue armi; perchè il Signore è un uomo di guerra. Utilizza Joshua come un'ascia o Mosè come un regolo. Per Lui Sansone è solamente una spada ed Isaia una tromba. I santi della Cristianità sono chiamati ad essere come Dio, come se fossero piccole statuette che raffigurano Dio. All'eroe dell'Antico Testamento non si richiede affatto di avere la stessa natura di Dio non più che a una sega o a un martello si richiede che abbiano la stessa forma del carpentiere.

Questa è la principale chiave di lettura e caratteristica delle scritture dell'Ebraismo prese come un tutt'uno. Ci sono in verità nelle scritture innumerevoli istanze di rude umorismo, di forti emozioni e di vigorose individualità che non mancano mai nelle prose e nelle poesi primitive. Tuttavia la caratteristica principale rimane; non solamente il senso che Dio sia più forte dell'uomo, non solamente che Dio sia più segreto dell'uomo, ma che Egli sia più significativo, che Egli sappia meglio di chiunque altro ciò che sta facendo, che paragonati a Lui noi abbiamo qualcosa di quella vaghezza, irragionevolezza e nomadismo delle bestie che periscono. "E' lui che siede sulla terra, i cui abitanti da lassù sono come cavallette." Possiamo quasi affermarlo. Il libro è così intento ad affermare la personalità di Dio che quasi afferma l'impersonalità dell'uomo. A meno che questo cervello gigante e cosmico non abbia concepito una cosa, quella cosa è incerta e vuota; l'uomo non ha sufficiente tenacia per assicurare che essa permanga. "Se il Signore non costruisce la casa, invano lavorano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città invano veglia la sentinella".

In ogni altra parte dell'Antico Testamento quindi si esalta l'obliterazione dell'uomo se paragonato al volere divino. Il Libro di Giobbe invece da questo punto di vista si differenzia perchè è l'unico in cui si pone la domanda, "Ma qual è il volere di Dio? Vale la pena sacrificare anche la nostra misera umanità per tale volere? Naturalmente sarebbe facile cancellare le nostre meschine volontà per una volontà più grande e buona. Ma è effettivamente rale la volontà di Dio? Lasciamo che Dio utilizzi i suoi strumenti e lasciamo pure che li rompa. Ma cosa sta facendo e per cosa li stà distruggendo?". E' a causa di questa domanda che dobbiamo aggredire l'enigma del Libro di Giobbe come un enigma filosofico.

L'importanza attuale del Libro di Giobbe non può essere espressa adeguatamente neanche dicendo che è il più interessante tra i libri antichi. Potremmo quasi dire del Libro di Giobbe che è il più interessante tra i libri moderni. In verità, naturalmente, nessuna delle due frasi riesce a rendere la questione perchè sia la religione che l'irreligione dell'uomo sono entrambe allo stesso tempo antiche e nuove; la filosofia o è eterna o non è filosofia. L'abitudine moderna di dire, "Questa è la mia opinione, ma posso sbagliarmi", è completamente irrazionale. Se sostengo che posso sbagliarmi affermo qualcosa che non è la mia opinione. L'abitudine moderna di dire "Ogni uomo ha una sua filosofia; questa è la mia e mi si adatta; l'abitudine ad affermare questo è sintomo di una debolezza di mente.

Una filosofia cosmica non è costruita per adattarsi ad un uomo; una filosofia cosmica viene costruita per spiegare il cosmo. Un uomo può possedere una religione privata tanto quanto può possedere un sole o una luna privati. La prima tra le bellezze intellettuali del Libro di Giobbe è che tratta in maniera predominante di questo desiderio di conoscere la realtà; il desiderio di conoscere l'essere e non meramente l'apparenza. Se fossero stati degli uomini moderni a scrivere il libro avremmo probabilmente scoperto che Giobbe e coloro che gli prestano conforto si sarebbero trovati d'accordo e che le loro differenze andavano attribuite al loro differente temperamento. Avrebbero chiamato gli amici di Giobbe "ottimisti" e Giobbe "pessimista". E si sarebbero trovati a loro agio, come spesso accade alle persone, almeno per qulche tempo, concordi nell'affermare una cosa palesemente falsa. Perchè ammesso e non concesso che la parola "pessimista" abbia un qualsivoglia significato, Giobbe non è decisamente un pessimista. Il suo caso da solo è sufficiente per rifiutare la moderna assurdità di riferire tutto al temperamento fisico. Giobbe in nessun senso guarda alla vita in maniera cupa. Se desiderare di essere felice ed essere ben pronto ad esserlo sono carattaristiche di un ottimista, Giobbe è un ottimista. E' un ottimista perplesso; un ottimista esasperato; un ottimista indignato ed insultato. Desidera che l'universo si giustifichi, non perchè desideri coglierlo in fallo ma perchè egli desidera veramente che venga giustificato. Domanda una spiegazione da Dio, ma non con lo spirito con cui Hampden potrebbe domandare una spiegazione a Carlo I. Lo fa nello stesso modo in cui una moglie potrebbe domandare una spiegazione da un marito per cui prova un profondo rispetto. Protesta con il suo Creatore perchè è orgoglioso del suo Creatore. Parla persino dell'Onnipotente come di un suo avversario, ma non dubita mai fino in fondo, che il suo nemico abbia delle ragioni che egli non riesce a comprendere.  Con un genere di blasfemia raffinato e famoso dice, "Oh se il mio avversario avesse scritto un libro!". Non gli passa per la testa che sarebbe potuto essere un brutto libro. E' ansioso di farsi convincere, ossia crede che Dio lo possa convincere. In breve, possiamo ripeterci dicendo che se la parola ottimista ha un qualche significato (cosa di cui io dubito) Giobbe è un ottimista. Scuote i pilastri del mondo e attacca follemente i cieli; sferza le stelle, ma non per ridurle al silenzio; perchè gli diano una risposta. Allo stesso modo possiamo parlare degli ottimisti ufficiali, gli amici che confortano Giobbe. Di nuovo se la parola pessimista ha un qualche significato (ed io ne dubito) coloro che confortano Giobbe possono senza dubbio essere chiamati pessimisti e non ottimisti. Tutto ciò in cui essi credono non è che Dio è buono ma che Dio è così forte che è molto più giudizioso chiamarLo buono. Sarebbe un'eccesso di biasimo chiamarli evoluzionisti; tuttavia essi presentano alcuni aspetti dell'errore vitale dell'ottimista evoluzionista. Continueranno a ripetere che ogni cosa nell'universo si adatta a tutte le altre: come se ci fosse qualche cosa di consolatorio in un numero di cose sgradevoli che si adattano le une alle altre. Vedremo più avanti come Dio nel grande climax del poema ribalta completamente questo tipo di argomentazione.

Quando, alla fine del poema, Dio si fa presente (in qualche modo in maniera improvvisa), viene suonata l'imprevista e splendida nota che rende la cosa grandiosa quale di fatto è. Tutti gli esseri umani presenti nella storia, e specialmente Giobbe, hanno posto a Dio delle domande. Un poeta più triviale avrebbe fatto entrare Dio nella storia per fargli in un senso o nell'altro rispondere a tutte le domande. Ma grazie ad un tocco che occorre sicuramente definire come ispirato, quando Dio entra in scena, lo fa per porre una serie ulteriore di domande per Suo conto. In questo dramma dello scetticismo Dio stesso assume il ruolo dello scettico. Egli fa ciò che tutte le grandi voci che difendono la religione hanno sempre fatto. Fa ad esempio ciò che fece Socrate. Rivolta il razionalismo contro se stesso. Sembra affermare che se si tratta di porre domande, Egli può porre alcune domande in grado di gettare a terra ed abbattere tutti i concepibili interrogatori umani. Il poeta grazie ad una squisita intuizione fa si che Dio accetti ironicamente una sorta di polemica uguaglianza con i Suoi accusatori. Ha il desiderio di considerarlo come un equo duello intellettuale: "Gird up now thy loins like a man; for I will demand of thee, and answer thou me." L'eterno adotta un'enorme e sardonica umiltà. Egli desidera essere processato. Chiede solamente il diritto che ogni persona sotto processo possiede; Egli chiede di poter contro interrogare i testimoni del processo. E si spinge ancora oltre nella correttezza del parallelo legale. La prima domanda che infatti pone a Giobbe è la domanda che ogni criminale accusato da Giobbe avrebbe il diritto di porgli. Chiede a Giobbe chi è. E Giobbe, essendo un uomo dall'intelletto sincero, si prende un po' di tempo per rifletterci e giunge alla conclusione che non lo sa.

Questo è il primo grande fatto da notare relativamente al discorso di Dio, che rappresenta il culmine della ricerca. Rappresenta tutti gli scettici umani sradicati da un supriore scetticismo. E' questo metodo, talvolta utilizzato da menti supreme ed altre volte da menti mediocri, che è divenuto l'arma logica di ogni vero mistico. Socrate, come ho già detto, lo utilizzò quando dimostrò che se gli fosse stata consentita una sufficiente dose di sofismo avrebb potuto distruggere tutti i sofisti. Gesù Cristo l'ha utilizzato quando ricordò ai Sadducei, che il fatto che non riuscivano ad immaginare la natura del matrimonio in paradiso significava semplicemente che non riuscivano ad immaginare la natura del matrimonio tout cours. Nella spaccatura della teologia Cristiana nel diciottesimo secolo, Butler lo utilizzò, quando sottolineò che gli argomenti razionalistici potrebbero essere utilizzati tanto contro una vaga religione quanto contro una religone dottrinale, tanto contro un'etica razionalista quanto contro quella Cristiana. E' la radice e la ragione del fatto che uomini che hanno una fede religiosa hanno anche un dubbio filosofico, come il Cardinale Newman, il Sig. Balfour o il Sig. Mallock. Questi sono i piccoli rivoli del delta di quel fiume che ha nel Libro di Giobbe la prima grande cataratta che crea il fiume. Nel trattare con l'arrogante assertore del dubbio, non è metodologicamente utile dirgli di smettere di dubitare. Piuttosto è corretto spingerlo a continuare a dubitare, a dubitare un altro po', a mettere in dubbio ogni giorno nuove e più folli cose nell'universo, finchè alla fine, a causa di una qualche strana illuminazione, possa iniziare a mettere in dubbio se stesso. Questo, come ho detto, è il primo fatto rilevante del discorso; la geniale intuizione per la quale Dio giunge alla fine non per risolvere gli enigmi, ma per proporli. L'altro grande fatto che insieme a questo rende l'intero lavoro religioso invece che filosofico, è l'altra incredibile sorpresa per la quale Giobbe è immediatamente soddisfatto dalla semplice esposizione di qualche cosa di impenetrabile. Dal punto di vista lessicale gli enigmi di Geova sono più oscuri e desolati di quelli di Giobbe; e tuttavia Giobbe che era inconsolabile prima dal discorso di Geova e dopo di esso si sente totalmente confortato. Non gli è stato detto nulla, ma egli percepisce l'atmosfera e il terribile formicolio di qualche cosa che è troppo bella per essere detta. Il rifiuto di Dio di spiegare i propri piani è in se stesso un indizio bruciante dei Suoi piani. Gli enigmi di Dio sono più soddisfacenti delle soluzioni dell'uomo. Terzo, ovviamente, è uno dei colpi da maestro di Dio quello di redarguire alla stessa maniera tanto l'uomo che Lo accusava che quelli che lo divendevano abbattendo con lo stesso martello tanto gli ottimisti quanto i pessimisti. Ed è in connessione con i meccanici ed altezzosi confortatori di Giobbe che avviene la ancora più profonda e sottile inversione di cui ho parlato. L'ottimista meccanico cerca dichiaratamente di giustificare l'universo sulla base del fatto che si tratta di un modello razionale e legato dal meccanismo di causa effetto. Sottolinea il fatto che il mondo è bello perchè tutto può essere spiegato. E questo è invece l'unico punto, se posso dirlo così, sul quale Dio è esplicito fino alla violenza. In effetti, Dio dice che se c'è una cosa buona del mondo, per quanto concerne gli uomini, è che esso non può essere spiegato. Insiste sull'inesplicabilità di ogni cosa; "La pioggia ha forse un padre? ... Da quale grembo proviene il ghiaccio?" si spinge oltre e insiste sull'inconfutabile ed evidente irragionevolezza delle cose; "Hai tu inviato la pioggia nel deserto in cui non è alcun uomo, e nelle regioni selvagge in cui non c'è alcun uomo=" Dio farà in modo che l'uomo veda le cose, fosse anche solamente contro il nero sfondo della non esistenza. Dio farà in modo che Giobbe veda un universo sorprendente anche se può farlo unicamente facendo in modo che Giobbe ne veda uno idiota. Per meravigliare l'uomo Dio diviene per un solo istante blasfemo; si potrebbe quasi dire che Dio diviene ateo per un istante. Spiega di fronte a Giobbe un lungo panorama delle cose create, il cavallo, l'aquila, il corvo, l'onagro, il pavone, lo struzzo, il coccodrillo. Descrive ognuno di essi in maniera tale che sembrino mostri che camminano sotto la luce del sole. Complessivamente siamo di fronte ad un salmo o una rapsodia del senso della meraviglia. Il creatore di tutte le cose è Lui stesso stupefatto dalle cose che Egli stesso ha creato. Possiamo chiamare questo il terzo punto. Giobbe propone un punto interrogativo; Dio risponde con un punto esclamativo. Invece di dimostrare a Giobbe che ci troviamo in un mondo che siamo in grado di spiegare, Egli insiste che si tratta di un mondo molto più strano di quello che Giobbe abbia mai pensato. A conclusione del discorso di Dio il poeta ha inoltre ottenuto, con quell'accuratezza artistica inconscia che si trova in molte delle epiche più semplici, un ulteriore e più sottile obiettivo. Senza mai fare concessioni alla rigida impenetrabilità di Geova nelle Sue esplicite dichiarazioni, egli ha lasciato cadere qua e là nel testo delle metafore, di immaginario parentetico, suggerimenti improvvisi e splendidi che il segreto di Dio è un segreto luminoso e non triste, suggerimenti semi accidentali, come il bagliore di una luce vista per un istente attraverso le fessure di una porta chiusa. Sarebbe difficile smettere di apprezzare, in un senso puramente poetico, l'istintiva disinvoltura ed esattezza con cui queste insinuazioni ottimistiche vengono lasciate cadere all'interno di altre connessioni, come se l'Onnipotente stesso fosse appena consapevole di averle lasciate cadere. C'è ad esempio quel famoso passaggio in cui Geova, con sarcasmo devastante, chiede a Giobbe dove fosse lui quando venivano gettate le fondamenta del mondo, e quindi (come se stesse semplicemente fissando una data) menziona i tempi in cui i figli di Dio gridavano di gioia. Non si può fare a meno di ritenere, anche sulla base di questa scarna informazione, che ci sia stata qualche cosa per cui valesse la pena gridare. O ancora quando Dio parla della neve e della grandine nella semplice elencazione del cosmo fisico, Egli parla di esse come un tesoro che risparmiato per il giorno della battaglia, un indizio di un qualche enorme Armageddon in cui il male verrà alla fine rovesciato.

Nulla potrebbe essere migliore, dal punto di vista artistico, che questo ottimismo che irrompe attraverso l'agnosticismo come oro ardente sui bordi di una nera nuvola. Coloro che guardano con disprezzo alle origini barbariche dell'epica possono ritenere fantasioso leggere un tale significato artistico in tali casuali similitudini o frasi accidentali. Ma nessuno che conoscenza bene i grandi esempi della poesia semi barbara, come la Canzone di Rolando o le vecchie ballate, cadrà in questo errore. Nessuno che sappia cos'è la poesia primitiva può non riconoscere che, mentre la sua forma cosciente è semplice alcune delle sue conseguenze più pregiate sono assai fini. L'Iliade si sforza di trasmettere l'idea che Ettore e Sarpedone abbiano un certo atteggiamento o tono di triste e cavalleresca rassegnazione, non sufficientemente amara da essere chiamata pessimismo nè sufficientemente gioviale da essere chiamata ottimismo; Omero non avrebbe mai potuto dire questo con parole elaborate. Ma riesce in qualche modo riesce a comunicarlo con quelle semplici. La Canzone di Rolando fa in modo di esprimere l'idea che la Cristianità impone sui propri eroi un paradosso: quello di una grande umiltà nei confronti dei propri peccati combinato con la grande ferocia riguardo alle proprie idee. Naturalmente la Canzone di Rolando non può dire ciò ma riesce a trasmetterlo. Allo stesso modo debbono essere accreditati al Libro di Giobbe molti fini effetti che pur non essendo nella mente dell'autore erano indubbiamente nella sua anima. E di tutti questi quello che è di gran lunga il più importante rimane ancora da enunciare. Non conosco e dubito che lo sappiano anche gli studiosi, se il Libro di Giobbe abbia avuto grandi conseguenze o una qualsivoglia conseguenza nello sviluppo del pensiero ebraico. Ma se ha avuto effettivamente tale effetto li può aver salvati da un enorme collasso e decadenza. In questo libro viene infatti posta la domanda se Dio punisca invariabilmente il vizio con una punizione terrena e ricompensi la virtù con una prosperità terrena. Se gli Ebrei avessero risposto a questa domanda nella maniera sbagliata avrebbero potuto perdere tutta la loro successiva influenza nella storia dell'umanità. Sarebbero addirittura potuti affondare al livello della moderna società perbenista. Perchè una volta che le persone abbiano iniziato a credere che la prosperità è la ricompensa della virtù diventa ovvia la loro successiva calamità. Se la prosperità è considerata ricompensa della virtù sarà considerata anche un suo sintomo. Gli uomini lasceranno il gravoso compito di far si che gli uomini buoni abbiano successo e abbracceranno quello molto più facile di trasformare in buoni gli uomini di successo. Questo processo, evidente in tutto il commercio e il giornalismo moderni, è l'ultima nemesi del malvagio ottimismo di coloro che confortano Giobbe. Se gli Ebrei ne sono stati preservati, li ha salvati il Libro di Giobbe. Il Libro di Giobbe è rimarchevole principalmente, come ho insistito in tutta l'esposizione, per il fatto che non si conclude in un modo convenzionalmente percepito come soddisfacente. A Giobbe non viene detto che le sue sofferenze erano dovute ai propri peccati o erano parte di un qualche piano per il suo miglioramento.

Ma nel prologo vediamo Giobbe tormentato non perchè fosse il peggiore degli uomini, ma perchè era il migliore. La lezione che apprendiamo dall'intera opera è che l'uomo è confortato principalmente dai paradossi. E qui c'è il più oscuro e strano dei paradossi; ed è, per testimonianza di tutta l'umanità il più rassicurante. Non ho bisogno di suggerire quale suprema e strana storia attendeva questo paradosso dell'uomo migliore nel peggior destino. Non c'è bisogno di dire che nel senso più libero e filosofico qui abbiamo una figura dell'Antico Testamento che è veramente un simbolo; nè di suggerire cosa venga prefigurato nelle ferite di Giobbe.

15 dicembre 2009

Berlusconi colpito - Perchè?

Il Signoraggio è il segreto di pulcinella del sistema bancario mondiale ossia dell'usura imposta come sistema economico globale.

In buona sostanza il "trucco" dietro il quale si nasconde il tormentone del "Debito Pubblico" con il quale a sua volta il nostro socio occulto di maggioranza (lo Stato) ci preleva amichevolmente dalle tasche più del 50% (molto di più) dei nostri soldi è il seguente:

  1. Lo Stato ha bisogno di soldi e li chiede alla Banca Centrale (Bankitalia) supponiamo 100 €
  2. La Banca Centrale (di proprietà privata!!! Ebbene si Bankitalia è di proprietà privata) stampa la moneta da 100 € per lo Stato, il costo effettivo della produzione di ogni banconota è di 0,30 €
  3. La Banca Centrale da allo stato la banconota costatale 0,30 € e lo stato da alla Banca Centrale un buono del valore di ...... 102,5 € (100 € + 2,5%)
  4. La Banca Centrale guadagna dall'operazione il 34.000 %
  5. Lo Stato genera un debito pubblico pari a 102,5 € che dovrà chiedere a tutti noi in tasse
Naturalmente nessuna persona sana di mente accetterebbe un meccanismo del genere. Tanto più che il valore della moneta è garantito dallo Stato e non dalla Banca Centrale.

Cosa succederebbe se fosse lo Stato a stampare le banconote?
  1. Lo Stato ha bisogno di 100 €
  2. Lo Stato paga 0,30 € e produce una banconota della quale garantisce il valore di 100 €
  3. La Banca Centrale non esiste più
  4. Lo Stato genera un debito pubblico pari a 0,30 € che dovrà chiedere a tutti noi in tasse
Naturalmente le cose sono più complesse ma il meccanismo di base è questo.

Avete notato che succede nell'ipotesi B? Tutti ci guadagnano tranne il sistema bancario che scompare!

Perchè tutta questa premessa e che c'entra con il titolo?

Bene il tema del Signoraggio per quanto ampiamente dibattuto in rete non è mai uscito nella stampa a tiratura nazionale .... fino all'11 Dicembre 2009 giorno in cui "Il Giornale" ha pubblicato un articolo sul Signoraggio.

Il Giornale è di Berlusconi.

L'articolo non scherza e ci va giù pesante! Leggere per credere.

Ora il 13 Dicembre 2009 Berlusconi viene aggredito da un "folle solitario".
Naturalmente le due cose non hanno alcun legame come (citando l'articolo) non lo hanno le morti di Abraham Lincoln, John F. Kennedy, Robert Kennedy avvenute tutte dopo la loro firma su leggi che avrebbero autorizzato lo Stato a produrre il dollaro in proprio.
Naturalmente tutti gli assassini erano "folli solitari", psicopatici senza arte ne parte ...


Bene, questo fa si che in questo specifico frangente io mi schieri a favore di Berlusconi per 2 motivi:
  1. Perchè ha subito una violenza
  2. Perchè forse l'ha subita a causa della verità espressa nell'articolo de "Il Giornale"
T.

18 giugno 2007

I Valori della Famiglia di Nazareth

La Famiglia di Nazareth mette in evidenza alcuni valori universali che valgono per ogni uomo e per qualunque stato di vita esso abbia.
La verginità il cui significato mi sembra totalmente perso ai nostri giorni. Contrastare la verginità con l’appagamento dei propri desideri non significa solamente non essere più intatti dal punto di vista sessuale ma minare una propria integrità che corrisponde anche alla propria forza e al proprio essere lussureggianti, vitali. Diciamo che la verginità ci fa essere lussureggianti invece di lussuriosi.
I cartelli del gay village di Roma inneggiano al cedimento a qualsiasi proprio piacere con lo slogan “non resisterti”.
Io sono propugnatore di uno slogan che è esattamente l’opposto “RESISTITI!” fai resistenza a te stesso non ti lasciar guidare dalle pulsioni ma vagliale e se del caso resistiti con tutte le tue povere forze. Abbiamo tutti presente molti esempi di “non resisterti” ci accompagnano da sempre, sono gli animali. Gli animali sono sottoposti alla legge del non resistersi, sono totalmente guidati dai loro istinti.
Giuseppe è il padre putativo di Gesù. Qui l’affermazione è corretta, scorretta la modalità. Giuseppe non è ma accetta di essere il padre putativo di Gesù. Giuseppe è un uomo che si resiste, che resiste alla fortissima tentazione di pensare che questa cosa dello Spirito Santo non è naturale, molto più naturale sarebbe un semplicissimo tradimento con tanto di lapidazione prevista. Ma Giuseppe si resiste. Giuseppe accetta di essere il padre putativo perchè è umile. E questa umiltà lo porta ad una decisione di enorme coraggio che segnerà profondamente la sua vita.
Un ultimo appunto riguarda la “demonizzazione”. Qui trovo una forzatura interpretativa. L’assenza è forse demonizzazione? Se io non fumo sto forse demonizzando i fumatori? Oppure quello che emerge è un diverso pattern psicologico per cui la presenza di persone che vivono in castità fa emergere questi demoni in chi questa castità non riesce a capire e possedere?
Nessuna demonizzazione, un fatto che fa sorgere demoni in chi odia questo fatto o semplicemente vorrebbe che non fosse così.
Ma cosa crea questa famiglia? Qual è il frutto?
Il frutto è la bellezza, la bellezza ha un costo. Per ottenere la bellezza fisica oggi moltissimi sono disposti a fare enormi sacrifici economici, fisici. La bellezza spirituale ha il costo molto alto di resistersi per dare la possibilità di sentire il buono e il bello (buon senso) e di sceglierlo.

T

100 volte "Io sono deficiente"

Ho deciso di scriverlo anche io per due motivi: perchè lo sono e per vedere se questo diminuiva in maniera drastica la mia autostima.
Sapere di essere deficienti è fondamentale per vivere in maniera sana il rapporto con gli altri. Significa infatti conoscere i propri limiti e le proprie mancanze.
Tale conoscenza viene sempre più eclissata nella nostra società. I limiti sono totalmente eliminati nella finta realtà mediatica e di conseguenza tendono ad essere rifiutati anche in quella reale con risultati evidentemente grotteschi.
Devo dire che trovo la “punizione” sancita dalla professoressa all’ultimo bullo di una purtroppo lunghissima lista molto appropriata.
Primo perchè non è una punizione ma un premio. Trovare qualcuno che ti dica le cose come stanno al giorno d’oggi non è facile. Se volessi esagerare potrei affermare che il ruolo della professoressa, se fosse stato compreso e sostenuto dalla famiglia e dalla magistratura, sarebbe stato quello maieutico di condurre il bulletto ad un nuovo tipo di coscienza, a fargli fare qualche passo indietro verso la sua umanità, verso il consesso sociale composto dai suoi compagni di classe e più in generale dagli altri uomini.
Questa professoressa andrebbe elogiata inoltre per il suo buon senso un’altra delle caratteristiche in via di estinzione a tutti i livelli.
Il buon senso non si limita infatti a percepire le cose solo con la ragione o solo con i sentimenti ma è un’attività di sintesi che esprime un approccio alla realtà non settoriale ma unitario da parte del singolo.
Questa capacità manca totalmente ad esempio ai cosiddetti intellettuali come dimostrato perfettamente dall’esempio citato da Cruman relativo al discorso sul razzismo e la xenofobia.
Se non difendiamo i professori che ancora cercano di educare i nostri figli automaticamente difendiamo coloro che non li educano. Tertium non datur.
Io proporrei a tutti questo esercizio come tonico per la convivenza civile, scrivere 100 volte io sono deficiente con cadenza mensile. Potremmo farlo in questo spazio come protesta contro le assurde decisioni della magistratura.

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22 maggio 2007

Catechismo anticlericale sulla sessualità

In risposta a questo articolo sul sito dei radicali:

Proibizionismo Sessuale

Il problema con gli uomini moderni è che non vogliono sentir parlare di limiti.
I limiti esistono fanno parte della condizione umana che è quella di essere creatura.
Cerchiamo di vedere come invece prendono a cuore la sessualità i "laici" ossia gli anticlericali scriviamo un catechismo laico:

1. L'importante nella vita è godere, come, dove e quando si vuole! La lussuria è una virtù e tra breve anche un diritto!! Se vuoi godere e qualcuno mette in mezzo delle anticaglie come il pudore, il rispetto del corpo ecc. spara un paio delle solite stronzate (fascista, bigotto ecc.) e poi esercita il tuo diritto masturbandoti seduta stante
2. La masturbazione fa bene e va incentivata a tutti i livelli. Potrebbe essere usata come terapia antistress e anche come trattamento anti invecchiamento per la pelle. Se ti masturbi spesso mantieni una vista di 11/10 per tutta la vita. A chi dopo la masturbazione si sente frustrato o svuotato dite che è un effetto che passa, si masturbi altre 10 volte nella giornata e poi vedrà che ci si abitua presto
3. Avere rapporti sessuali con partner più o meno casuali è cosa buona e giusta. Si consiglia di continuare a mantenere questa pratica per tutta la vita. A tale proposito utilizzare gli strumenti che stiamo preparando per voi (DICO). Evitare il matrimonio come la peste e mi raccomando non fate nascere bambini perchè inquinano la vita di coppia ponendole limiti, limiti che sono contrari al punto uno del catechismo e come tale intollerabili. Se per caso poi dovesse per errore nascere un figlio educatelo nelle norme di questo catechismo. Come effetto collaterale potrebbe accadere che esso violenti o sia violentato, stiamo lavorando per abolire questo termine in realtà o lui o qualcun altro sta esercitando il suo diritto a godere come enunciato al punto 1
4. L'omosessualità e ogni altro tipo di gusto sessuale privato è da incentivare e coltivare. Nel caso di necrofilia si presuppone il silenzio assenso, idem dicasi per i rapporti con gli animali in questo ultimo caso l'animale deve aver superato un test di maturità psicofisica presso gli organi individuati dal catechismo dell'ecologia e dalle convenzioni con il WWF
5. Prendete tutte le precauzioni, ma se proprio volete evitarle non vi preoccupate potete sempre abortire tanto quello che la donna porta in grembo è semplicemente una vita in potenza un grumo di cellule inutili (lo stesso che ha dato vita a Pannella e a tutti noi, evidentemente sono davvero inutili!!!)
6. Se una coppia (Pannella non voglia) decidesse proprio di avere un figlio e non potesse averlo seguire il seguente vademecum:
* Preferibilmente ricorrere allo scambio di coppia che vi permetterà di ottenere il risultato con un notevole incremento della complicità di coppia.
* Altrimenti affittare la prima sfigata bisognosa di soldi e farla partorire per voi naturalmente noi vi consigliamo di andare nelle banche del seme che raccolgono sperma di laici tutti d'un pezzo, a tal fine abbiamo predisposto il marchio europeo di laico DOC. Tutti coloro che hanno avuto parenti cattolici possono al massimo raggiungere la certificazione DOP e solo dopo la terza generazione di DOP potranno ambire alla DOC
7. Il divorzio prenderà il posto del matrimonio, abbiamo deciso che l'unica cosa che possono promettersi due persone è di lasciarsi e quindi agiamo di conseguenza, noi siamo più realisti del re
8. Il vizio della castità dovrebbe essere ormai quasi totalmente estirpato, ma se qualcuno si ostinasse a non esercitare il suo diritto alla lussuria saremo costretti a imporre la lussuria come dovere civico al posto del militare abbiamo pensato al "servizietto civile"

14 maggio 2007

Cosa è successo il 12 Maggio?

Sono affascinato da quello che sta accadendo dopo le 2 manifestazioni tenutesi a Roma il 12 Maggio.

La manifestazione del Family Day a Piazza S. Giovanni ha raccolto tra le 500.000 e il milione di persone, quella del Coraggio Laico tra le 12.000 e le 20.000 persone a Piazza Navona.

Impressiona la differenza numerica certamente, il rapporto tra i due popoli parte da un minimo di 25 a 1 fino a un massimo di 50 a 1 (secondo alcune stime si potrebbe arrivare anche a 75 a 1).

Ma ciò che più impressiona è quello che sta accadendo, il post manifestazione. Mi sono letto un po' di giornali, post di fainotizia, vari blog ecc.

Nessuno riporta gli interventi che sono stati fatti al family day. Cercherò di recuperarli e scriverli qui da qualche parte.
Tutti sminuiscono il family day in varie maniere, i più furbi girando la questione sulla politica (DICO, partecipazione e affermazioni dei politici che hanno partecipato) i meno furbi facendo dei paragoni economici relativi alle due manifestazioni e alla loro organizzazione oppure criticando il clima da pellegrinaggio più che da manifestazione oppure si appellano ai media e alla loro parzialità (il family day è stato trasmesso su SAT2000 perchè alla RAI non volevano saperne) oppure semplicemente ripetendo "fascisti, fascisti, fascisti".

Beh questo vuol dire che mediamente sono tutti molto innervositi dalla riuscita del family day, probabilmente non se lo aspettavano i professionisti-delle-manifestazioni-di-piazza di essere surclassati da mamme, bambini e parrocchiani vari.
D'altra parte nel suo confuso discorso Pannella lo ha ricordato che come sempre i radicali erano soli. Soli e pochi molto pochi, troppo pochi per non rafforzare il dubbio che l'interesse reale per questo tipo di legislazione sia per un esiguo numero di coppie e che effettivamente esista una lobby che spinge in una direzione che è opposta a quella desiderata dalla massa del popolo.

Ma il punto fondamentale non è comunque messo in evidenza da nessuno LA FAMIGLIA E' VIVA E FECONDA, è l'asse portante dell'intero sistema economico e del tessuto sociale. Non è un residuato bellico, un istituto medioevale e anacronistico, non è una roba da vecchiette, non è un Frankenstein riportato in vita artificialmente da preti e Vaticano. Ci sono i numeri lì a dimostrarlo insieme alla gioia espressa e soprattutto alle testimonianze rese (che nessuno riporta).

Incredibile la famiglia, anche se attaccata in ogni modo, esiste ancora ed è forte.

A me dei DICO non me ne frega niente ma sarebbe ora che chi parla di ipocrisia da Piazza Navona si sciacquasse la bocca untuosa, chi predica contro l'ipocrisia dovrebbe almeno far finta di non essere ipocrita. Ma nell'altra piazza le ipocrisie erano due: la copertura dietro ai DICO (come dietro ai PACS in Francia) della protezione attraverso legge dello Stato (invece che attraverso il diritto comune) delle coppie omosessuali (in questo preferisco l'Arcigay che almeno odia candidamente la Chiesa e ha manifestato le vere intenzioni dietro a DICO, PACS ecc.: matrimonio tra omosessuali e adozione per le coppie omosessuali e chi parla di scontro faccia prima i conti con i suoi Cecchi Paone) e il nome della manifestazione "Orgoglio Laico".

Nella manifestazione di piazza Navona non c'è nulla di laico. Primo il termine laico è riferibile unicamente a chi crede in quanto per laico si intende coloro che, all'interno della Chiesa non hanno l'ordine sacro. Il termine laico viene quindi utilizzato in maniera errata. Meglio sarebbe stato orgoglio ateo oppuro orgoglio anticlericale non so ma sicuramente non orgoglio laico. E' inutile fingere ipocritamente meglio professare apertamente il proprio odio per la Chiesa e per tutto quello che rappresenta invece che appropiarsi di termini e piegarli alle proprie esigenze.

Un ultima nota più strettamente legata a temi religiosi. Moltissime delle famiglie di piazza S. Giovanni sono famiglie cattoliche famiglie sposate in chiesa. La testimonianza che esse rendono a tutti è che è possibile un amore che dura per tutta la vita un amore che parte dagli uomini e trova compimento in Dio, un amore tra due essere radicalmente differenti come l'uomo e la donna. E' POSSIBILE, chi è stato a S. Giovanni l'ha potuto vedere, toccare, sperimentare.

T

13 aprile 2007

Family Day | Roma Pride 2007 - un confronto

E' stato pubblicato il programma del Roma Pride 2007, la manifestazione pensata come antagonista al Family Day.

Mi interessa riportare in parallelo le differenti visioni culturali e lessicali dei due eventi.

Forum Famiglie vs. Roma Pride 2007

Dal punto di vista ontologico le posizioni differiscono essenzialmente sull'origine della famiglia.

Il Forum delle Famiglie sostiene che la famiglia, oltre a essere:


"un bene umano fondamentale dal quale dipendono l’identità e il futuro delle
persone e della comunità sociale" e "fondata sull’unione stabile di un uomo e
una donna, e aperta a un’ordinata generazione naturale" é "cellula
naturale della società e nucleo originario che custodisce le radici più profonde
della nostra comune umanità e forma alla responsabilità sociale"


quindi la famiglia è un'istituzione naturale.

Per il Roma Pride 2007 (magari quello 2008 sosterrà qualche altra cosa ancora) invece:


Le nostre vite (quelle di omosessuali e transgender n.d.a.) sono un fatto dirompente perché svelano che non esiste una
famiglia “naturale”, ma che le famiglie sono un fatto culturale.

la famiglia è un prodotto culturale (ossia in fondo una mera convenzione).

Naturalmente come in tutti gli scontri che si rispettino i due principi sono diametralmente opposti l'uno all'altro e quindi inconciliabili.

A mio avviso il buon senso di qualunque essere umano non può portare ad altro risultato che non a quello per il quale il modello di famiglia che siamo abituati a vedere nella natura, un uomo, una donna e la loro prole è l'unico modello di famiglia possibile per la specie umana per il semplice e inoppugnabile motivo per cui in natura non esiste un altro modo in cui la specie umana possa riprodursi e non è mai esistito (se non in misura talmente marginale da poter essere considerato devianza) un modello realmente alternativo. Tutto questo a prescindere dalle epoche e dalle diverse culture.
Appare quindi inevitabile che la famiglia esista prima e al di là della cultura.

Il documento Roma Pride 2007 è da questo punto di vista imbarazzante per chiunque cerchi di indagare con l'intelletto le realtà visibili. L'argomento supremo usato nel manifesto secondo il quale le vite di omosessuali e transgender sarebbero la prova provata che la famiglia è un fatto meramente culturale sono a dir poco prive di qualsiasi fondamento logico.

Per rendere evidente l'assurdità dell'affermazione trasportiamola in un ambito diverso e testiamone la validità.

Supponiamo per puro amore di discussione che domani ci venga proposta la "famiglia" pedofila (etero e omosessuale per par condicio), tale "famiglia" sarebbe meritevole di essere accolta nel nostro ordinamento giuridico tanto quanto i DICO sulla base della inoppugnabile motivazione che la vita dei pedofili (ma solo quelli che hanno bambini consensienti alle loro perversioni) sarebbe l'epifania che ci rivela che la pedofilia non è contro natura ma è la cultura che la rende tale.

Un'altra notazione interessante riguarda il fatto che mentre per le associazioni gay-lesbo&transgender la famiglia è un portato culturale perchè il fatto che io oggi voglio una famiglia diversa lo dimostra, l'omosessualità maschile e femminile non è un fatto culturale, NO, questo invece è scritto nella natura!!!

Tale discrepanza nelle posizioni dimostra a mio avviso che in realtà a tali associazioni poco importa del fatto che la famiglia sia naturale o culturale e lo stesso dicasi per le tendenze sessuali personali. L'unica cosa che conta è trovare un modo per legalizzare le proprie pulsioni, qualsiasi esse siano. Ieri era sotto attacco la normalità eterosessuale e il grimaldello usato era il fondare l'omosessualità nella natura, oggi è sotto attacco la normalità della famiglia e il grimaldello usato e la famiglia come portato della cultura. Domani sarà l'inviolabilità dei bambini e per la profanazione di quel santuario useranno un altro grimaldello, uno qualsiasi anzi il più adatto che lo Stato laico sarà pronto a mettergli a disposizione.

Naturalmente quando i tempi saranno maturi, quando le devianze delle persone saranno state coccolate e nutrite a sufficienza attraverso i media, internet, e soprattutto attraverso quel meccanismo perverso proprio del peccato a causa del quale più ti nutri di esso e più hai fame, una fame senza fine, specchio del fuoco inestinguibile che rappresenta l'inferno.

Chiunque sia cristiano sa che ci sono delle tendenze di vario genere suggritegli dal demonio e che tali tendenze occorre combattere con tutte le proprie energie, morali, spirituali, intellettuali e fisiche perchè se ad esse si da seguito ci si trova ben presto preda della ruggine e della tignola che consumano e corrompono sempre più rapidamente i "piaceri" illusori che tali tendenze procurano.

Oggi queste tendenze le vogliamo rendere legge dello stato.
Prossime tendenze in rampa di decollo: legalizzare il suicidio terapeutico e poi quello "semplice" (tendenza al suicidio), legalizzare l'adozione per le coppie omosessuali.
Il limite sono solamente i propri desideri e la propria fantasia, meglio se devianti e supportati da forti lobby.
Volere è Potere ma solo se Potere vuole che lo sia!

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